Le pratiche diagnostiche e la fisioterapia

In ambito fisioterapico una delle discussioni che più sta prendendo piede è quella relativa alla presenza di diagnosi di più tipi. In questo quadro di molteplicità, infatti, è sempre utile poter dare una direzione a ogni singola pratica che solitamente viene impiegata nell’ambito della medicina così come in quello della fisioterapia.

A dare una decisa spinta relativamente alla discussione sul lavoro praticato dal fisioterapista ci ha pensato il congresso scientifico internazionale sulla fisioterapia. Un evento organizzato dall’ AIFi Piemonte e Valle d’Aosta e tenutosi nella città di Torino lo scorso 29 aprile.

L’insieme del programma del congresso è stato sviluppato su differenti campi e pratiche relativamente alla fisioterapia.

A catalizzare l’attenzione, tuttavia, è stata la discussione relativamente all’utilizzo delle diverse forme di diagnosi in ambito medico, un modo per valutare diversi disagi e che in passato ha creato non pochi distinguo relativamente al punto di vista di diversi esperti in ambito fisioterapico.

 

La diagnosi in medicina e in fisioterapia

Fare un’efficace distinzione tra tipologie di diagnosi è utile soprattutto in un ambito come quello della fisioterapia. Oggi è possibile distinguere, oltre alla peculiare forma di diagnosi fisioterapica, anche i professionisti che si avvalgono della più classica diagnosi medica o quelli che, invece, scelgono di affrontare questa pratica attraverso l’uso di un approccio più particolare come la diagnosi differenziale.

 

Diagnosi medica

La grande maggioranza dei fisioterapisti tende a valutare negativamente la diagnosi medica, vedendola come un limite delle possibilità di un professionista, anche in ragione del fatto che tale pratica deve sempre essere valutata da un operatore abilitato a questo tipo di intervento. Molti esperti in altri ambiti vedono questa diffidenza del fisioterapista come un modo per “aggirare” proprio questo ostacolo.

 

Proprio i fisioterapisti sono inclini a pensare che questo tipo di approccio vada a confondere quelle che sono le vere necessità del paziente per i trattamenti portando una cura, sotto l’aspetto metodologico, in un campo errato rispetto ai reali bisogni del paziente stesso.

 

Diagnosi fisioterapica

Definita meglio come diagnosi funzionale, la diagnosi in fisioterapia viene vista da alcuni esperti come un modo più preciso e approfondito per operare su un paziente. Molti fisioterapisti tendono a incentivarla in quanto in grado di valutare con maggiore precisione sia la natura della problematica, le limitazioni che questa impone al paziente in base al tipo di patologia che questo condivide, sia la condizione relativamente alla morbosità e la patologia stessa, cioè il suo riconoscimento guidato dai sintomi e dagli effetti che questa produce sul paziente.

Si tratta di una metodologia specifica che viene applicata in fisioterapia e che, molto spesso, non trova l’accordo di chi, invece, continua a ritenere indispensabile una diagnosi medica.

 

Diagnosi differenziale

Nell’ambito della fisioterapia c’è poi chi sceglie di seguire la cosiddetta “terza via”, che in questo caso è rappresentata dalla diagnosi differenziale. Quest’ultima tende a favorire l’utilizzo di un sistema più concentrato sulla pratica dell’esclusione, cioè la valutazione dei segni clinici e dei sintomi nei pazienti per arrivare a eliminare tutte quelle patologie che con questi hanno una correlazione relativa.

 

Questo tipo di intervento giustifica come sia “magmatica” la situazione nell’ambito della fisioterapia e come questa debba sempre essere valutata con grande precisione e senso di responsabili dagli operatori, che a dispetto della molteplicità dei fattori che caratterizzano la loro attività avranno a che fare sempre e solo con un fondamentale oggetto di studio: il paziente.